Non il pensiero che avrei voluto scrivere, ma quello che devo verbalizzare
Avviso che alcune delle cose che scriverò potranno essere disturbanti per qualcuno, attivare cose in altri e per cui non voglio in nessun modo obbligare nessuno a proseguire la lettura
Ok?
Ok
Non conosco in maniera approfondita i fatti, ma non sono tanto questi il punto per me
È di oggi il video di un signore che in diretta - su canale cinque - confessa l’omicidio della madre, davanti a delle telecamere che in un misto di imbarazzo e sadismo approfondiscono con una serie di domande assolutamente random ciò che verosimilmente nemmeno loro pensavano di trovarsi a raccontare
Leggendo su twitter sembra che la vicenda sia andata in onda in diretta verso le 17 del pomeriggio
Quello che mi colpisce è che l’uomo è in palese stato confusionario, non sembra manco rendersi conto di quello che dice. Chi è davanti a lui, sì, invece. E nonostante lo stupore. Incalza. Chiede. Vuole sapere. Anche l’indicibile. I dettagli. Le ombre. Fare luce sul buio. Come fosse una cazzo di torcia. Con che diritto poi.
Ci sono molti video, se volete approfondire, basta aprire twitter e seguire l’hashtag.
Una confessione in diretta, così. L’omicidio della madre, malata di demenza e alzheimer da tempo.
Dice che è stato istinto.
Non sa nemmeno lui.
Non è tanto il bisogno di approfondire i fatti, come dicevo.
Non sono né un tribunale né un magistrato.
Il pensiero che mi è nato e che sento il bisogno di buttare fuori ha a che fare con questo discorso che spesso sembra essere nella bocca di tutti e nelle mani, però, di nessuno.
La salute.
Mentale.
Perché sembra essere quello di cui tutti vogliono parlare, senza però presentarsi mai di persona al dibattito?
Perché viene detto con sempre più frequenza “beh ma allora caro/a mia, vai in terapia” come se fosse poi una specie di antidoto contro le brutture del mondo, ma poi di fronte alle vere brutture dell’essere umano, parte la spettacolarizzazione come se fossimo in un cinema squallido dell’entroterra americano, da soli in sala, senza avere idea nemmeno della locandina del film che stiamo guardando?
La salute mentale è roba da ricchi, diceva qualcuno.
A volte sembra solo l’ennesimo argomento con cui riempirsi la bocca senza però poi avere mai le parole per affrontarla. Per guardarla in faccia. Per esserci, se riesco a spiegarmi, per quel qualcuno che con quella salute lì, in quel momento là, ci sta un po’ litigando.
Perché spesso basta fare una passeggiata.Perché della depressione si parla finché se ne può parlare. Quando però ci si ammala, non è una diagnosi che si comunica. Forse perché poi diventa reale. E si sa, alcune cose hanno un posto mentre altre devono in qualche modo ricavarselo, per non dire addirittura guadagnarselo.
La salute mentale dei caroselli su instagram
Delle emozioni scambiate per patologie
Delle relazioni che finiscono per colpe che sono diagnosi, quando a volte sono solo alibi per non guardarsi davvero in faccia
Gli attacchi di panico che sono quelli del cinema, dove si respira dentro i sacchetti
L’ansia che è quella che ti fa avere un po’ di quel pepe lì, di certo non quella che paralizza e ti fa chiudere dentro un guscio che sembra dorato ma di fatto poi risucchia tutto, anche il bello che c’è intorno
L’altro fa, l’altro dice, ma non si guarda mai a cosa muove dentro
Forse la salute mentale è palcoscenico in cui tutti vogliono avere il biglietto, presentarsi all’evento, sedersi comodi in platea e con un misto di sollievo confermarsi che su quel palco - grazie a qualcuno che mai si saprà bene - non ci si salirà mai.
Che quello spettacolo non ci vedrà mai protagonisti. Non saremo mai gli attori che dovranno fare la parte
E allora non importa se poi io sono su quel palco
da sola
a mettere in scena uno spettacolo a cui poi nessuno verrà
perché tanto
saranno tutti occupati a calcarne un altro
di dolore
da soli
ma con tutti i biglietti sold out
m.
Brividi.. ti leggo sempre 🐸