in giappone ho scattato molte foto
le ho pubblicate, alcune, senza nemmeno editarle: non un ritocco, non un aggiustamento di luci o contrasti. niente. e non perché non sappia come fare o perché non avessi il tempo da dedicarci o le energie per esplorare nuove combinazioni di trattamenti. semplicemente, ho scelto di no.
mi sono domandata spesso il perché i pensieri vomitati siano, in effetti, pensieri vomitati. un nome, a pensarci, non molto intrigante. addirittura respingente. nessuno vuole vomitare. o meglio, nessuno trova il piacere nel farlo. a volte necessario, persino auspicabile, ma conosco chi ne ha il terrore. un gesto che sputa fuori tutto senza tener conto dei confini o delle situazioni. quando succede, succede. e non è nemmeno legato - come dicevo per le fotografie - alla non voglia di editare, scrivere periodi complessi o rileggere mille volte le frasi nel cercare la parola più giusta. nemmeno una legge respingente per un’azione che faccio ogni giorno per lavoro.
me lo sono domandata, il perché di un nome a un progetto di scrittura così poco poetico e attrattivo e mi sono vista scattare foto senza preoccuparmi di renderle ancora più affascinanti; belle, forse. a fuoco. fruibili.
in giappone mi sono risposta, per caso: la schiettezza dei pensieri e delle foto, di quello che voglio fermare senza manipolare, ha a che fare con la ricerca di un traguardo tanto semplice quanto ambizioso: divulgare la bellezza imperfetta delle cose. senza aggiustarle. dare loro la forma che hanno in quel preciso momento, senza la paura che dopo sarebbero diverse, perché è ovvio. ma non è questo. è farle esistere, senza modificarle, creare per loro un canale che le porti nel mondo, così. vomitate, se urgenti. non ritoccate, se autentiche.
esiste una parola in giapponese: wabi-sabi. parla della bellezza nell’ imperfezione, che rende unico, irripetibile; come quando le asimmetrie rendono interessante un equilibrio che altrimenti sarebbe quasi frustrante.
le parole danno forma e hanno una forma specifica. il giappone ha avuto i contorni della ricerca, di una strada che tra tanti vicoli ciechi e strade sbarrate, porta finalmente da qualche parte
m.
ps - le foto di cui parlo sono qui